Cos’è il pane per un uomo, prima che per uno chef? Come si declina sulla tavola di un grande ristorante? E quali ricordi si porta dietro, la più semplice delle ricette?

Il pane è l’alimento universale per eccellenza. È sinonimo di cibo praticamente in tutto il mondo. È la base della cultura, è una ricetta semplice che in ogni angolo di tutti i continenti è stata declinata in maniera sempre diversa. Non fu certamente il primo alimento, ma fu uno dei primi frutto dell’evoluzione e dell’ingegno dell’uomo. La sua valenza è religiosa, è simbolica, è parte della liturgia. È il “pane quotidiano”. È qualcosa che identifichiamo con lo stretto necessario per la sopravvivenza. Chiediamo quello al Cielo, e nulla di più, in caso di estrema necessità. Un tozzo di pane e un bicchiere d’acqua. Non serve altro per essere completi e sentirsi sazi.

La sua ricetta, fatta fondamentalmente di acqua e farina, è talmente elementare da renderne impossibile l’individuazione esatta sulla scala del tempo ed allo stesso modo non si può stabilire con esattezza la culla della sua nascita sul mappamondo.

È il confort food per antonomasia, che si porta dentro non solo il concetto di benessere, ma anche di rassicurazione, di casa . Ognuno di noi, infatti, non farà fatica a legare un ricordo d’infanzia ad un tipo di pane, che sia al latte, una michetta, una baghette, casereccio, senza sale o azzimo. Le qualità non si contano, così come le varianti regionali o paesane. Ma quel che importa più di tutto, è che ognuno di noi ha la sua tipologia preferita e il suo forno o la sua ricetta del cuore - dichiara lo chef Michelangelo - e poi c’è il profumo. Gli odori, si sa, sono i più potenti agenti in fatto di ricordi. E nessuno può esimersi dal gioco dell’olfatto, il nostro senso più profondo, che non appena riconosce nell’aria quel profumo, fa materializzare un momento esatto, magari lontano o nascosto nella memoria ”.

Per tutto questo, credere che il pane non abbia la dignità sufficiente per entrare nelle cucine di un ristorante fine dining, è quanto di più sbagliato si possa pensare. Perché quel senso di soddisfazione che proviamo nel vedere quel “cestino”, è ormai una reazione atavica. Non può essere sostituita, né può sbiadire col tempo. E ci riguarda tutti, dal bambino al nonno. E se è vero che in un ristorante d’alta cucina ci si aspetta emozioni crescenti ad ogni piatto, è altrettanto vero che al pane qui, al Ristorante La Madernassa, è riservato lo stesso trattamento.

Mi piace il pane perché con esso ho un legame viscerale, che mi accompagna fin da piccolo. Quando ho iniziato a lavorare nel ristorante di mio nonno, le prime basi, le prime nozioni che mi ha insegnato sono state proprio quelle sul pane. Quella è stata la mia personale porta d'accesso al mondo della cucina. Il mio è un legame famigliare, ancora oggi, la domenica, mia mamma impasta e sforna. E in famiglia lo abbiamo sempre fatto tutti”, aggiunge lo chef.

Per Michelangelo , il pane dell’infanzia, è il rubianino, quello che comprava con il nonno nel forno di Mompellato (Comune di Rubiana, Torino): “…da piccolo ricordo che la cultura del pane non era ancora sviluppata come oggi. È solo quando sono tornato dalla Francia che ho visto un cambiamento radicale, di pari passo con le innovazioni tecnologiche”.

L’arte della panificazione di Michelangelo si sviluppa in Francia, a Parigi, durante il periodo di lavoro con Yannick Alléno, chef ***Stelle Michelin. È lì che conosce Fréderic Lalos, il miglior panificatore di Francia e punto di riferimento indiscusso nel settore. Tra loro scatta subito l’empatia, quella che accomuna i grandi lavoratori, curiosi e mai sazi di conoscenza: “Gli dissi semplicemente che sarei stato onorato di poter imparare da lui a fare il pane. E lui accettò. La mattina alle 3 ero già al forno, ed alle 6:30 ripartivo per andare al ristorante”.

Il ritorno in Italia e l’incontro con la proprietà del Resort la Madernassa, Luciana, Fabrizio e Ivan coincide con la consapevolezza di aver raggiunto il giusto livello nella panificazione, tanto da poter finalmente proporre alla sua clientela la sua idea di pane: “Da quando sono arrivato, fino ad oggi, abbiamo fatto davvero tanta strada con i ragazzi di cucina.

Il Ristorante la Madernassa ha una brigata all’interno della quale ci sono tre persone che si occupano di panificazione e pasticceria. Sono ragazzi ricettivi, che hanno voglia di imparare e di fare sempre meglio. E soprattutto amano per il pane, capiscono la materia prima, anche se sono giovanissimi. Mi danno consigli su cui ragioniamo insieme, c'è un percorso di crescita costante e condiviso. Perché, se decidi a prescindere che una cosa è buona, non evolverà mai”.

Alla base dell’idea della panificazione dello chef c’è il concetto che si possa sempre fare meglio, e che il pane si perfeziona quando la persona in primis, si migliora, grazie ad un percorso che ha molto del personale prima che del professionale.

Il pane è una cosa talmente viva e soggettiva che cambia in base alla sensibilità di ognuno. Se non ami la panificazione, è impossibile che tu possa realizzare un buon prodotto. C'è una componente sentimentale, così come in cucina. Se trasmetti qualcosa di positivo alla materia prima, lei te la restituisce. Come con le persone” sentenzia lo chef.

Il pane è una parte integrante della cucina al Ristorante La Madernassa e ad oggi il cestino che viene servito, che lo chef definisce cosmopolita viste le tante influenze, conta sette tipologie differenti: di semola, lo sfogliato, il babà al chorizo e Parmigiano, la carta musica, la focaccia con le olive, il pane al miso, il limone alla marocchina e il danish bread coi cereali. Ci sono dei pani che vengono serviti puntualmente in accompagnamento ad alcuni piatti, tipo il pharta o il naan che sono di provenienza indiana, o il rubianino, in ricordo dei momenti passati dallo chef con il nonno. In accompagnamento al piatto Attesa d’oro, a base d’uovo, viene servita una pagnottina al burro al tartufo, farcita con il formaggio Raschera. Per i celiaci poi lo chef ha pensato ad un pane a base di castagne e grano saraceno, che a detta dello stesso chef “è forse il pane più buono che abbia mai fatto”.

Nelle cucine del Ristorante La Madernassa la tecnologia è quella strettamente necessaria, la componente fondamentale resta quella umana: “Abbiamo l’impastatrice, la camera di lievitazione e tanta buona volontà. Il pane si fa con la tecnica più che con le macchine. Se non conosci il livello di assorbimento, la forza o l'idratazione della farina, non puoi di certo nasconderti e rifugiarti nella tecnologia.

Considero fare il pane come il più bello dei doveri a cui nessuno chef dovrebbe mai sottrarsi – conclude lo chef – Perché una tavola senza pane, non si può immaginare. È come se esistesse da sempre, tanto sono lontani i ricordi della memoria, tanto è remoto il suo passato. È il mattone su cui la cultura gastronomica è stata lentamente eretta. È l’argilla con cui sono impastate le fondamenta della cucina, il vapore della rivoluzione industriale, la prima pietra su cui sono state costruite le più grandi architetture”.

Il profumo più simile all’idea di casa.

Il cibo per eccellenza.

Il pane è certamente Vita.

Press Office Resort La Madernassa
** Stelle Michelin